venerdì, marzo 11, 2005
There is the calm before the storm
Ho passato gli ultimi quattro giorni a sfondarmi il cervello, a rincorrere una simulazione di terza prova che non ho idea di come sia andata.
Ma il problema non è questo.
Tutto sta nel fatto che nel mio piccolo le cose le ho fatte, sì, non sapevo nulla sul "Art for art's sake" di Wilde, ma come ogni volta mi sono inventata di sana pianta un po tutto.
E così oggi, che potrei stare tranquilla ad ascoltare il brano dei placebo quanto mi pare, che potrei finire benissimo quelle quattro pagine di "Fate a New York" che mi mancano -e che mi tiro a dietro da giorni e che mi spiace leggere perchè così dovro posare in libreria il libro di NY- beh, mi sento un po vuota.
Sensanzione non nuova per me, figlia della depressione e del dubbio.
La musica passa a Pulp Fiction.
Cerco di capire ormai quello che è stato in tutti questi giorni cercando invano di rincorrere tutta la paura, la buona dose di sfiducia e la rabbia che forse mi porto dentro ancora.
Probabilmente passarò la mia vita così, a cullarmi tra i due poli opposti della depressione che i manuali chiamano "Bipolare" che io non mi sento dentro. E forse sarò sempre la solita che non si accontenta di quello che ha e forse non sarò altro che una normale ragazza della massa, nata nel 1985 e cresciuta in una periferia milanese come tante.
E forse è questo che mi farà piu male. Forse il sapere che avrei così tanto da dire ma che mi tengo dentro. Forse è proprio il non riuscire ad essere quello che sono.
Ma alla fine sono sempre stata così.
Poi c'è mia madre che come sempre si cirocanda di bellissimi fiori profumati, che dimentica mazzi di dalile sul sedile dietro della macchina, che combina casini come sempre. E che passa la notte fuori, svegliandomi alle 6.33 per dirmi "Io tutto ok...mi sto svegliando...arrivo...bacio...mamma" e che non si sa bene cosa combini. Mia madre, sì e poi la si sente chiusa in camera litigare al telefono perchè un ammiratore la pedina e la riprovera di essere stata fuori la notte.
E mio fratello che pensa di essere l'unico al mondo. Che ha fame, che ha sonno, che è incazzato con il mondo. Che canta quando si alza, che dorme sul divano, che guarda Desperate Housewife e lo registra, che si sveglia la mattina incazzato piu di qunto lo era quando si è addormentato.
La traccia tre è Marilin Manson.
E io non ho piu paura di sentire la sua voce.
E poi arriviamo a mio padre, che associato a questo brano è perfetto.
Al nostro incontro, l'unico, settimanale era raggiante e felice, contento di avermi donato una mimosa di cera e di aver scritto il solito bigliettino paterno "Auguri, Papà!"
Papà, cosa vuol dire papà? sapete, inzio a non ricordarmi piu cosa significa.
Inizio a non ricordami piu come era averlo in casa, inizio a non ricordami piu come magiava, come dormiva, come si alzava o cosa faceva.
Non ricordo se usava l'accappatoio o l'asciugamano, non ricordo piu se al mattino beve caffè o aranciata, non ricordo più con quanta frequenza si fa la barba e non riesco neanche piu a ricordalo mentre mi rimprovera per qualcosa.
Ho dimenticato come tiene le chiavi in tasca, cosa fa appena seduto in macchina e non ho piu un immagine di lui in pigiama.
La cosa forse farà sorridere, ma a me fa male. Parecchio.
Ora c'è Wim Mertens nelle orecchie, e io alzo il volume.
E forse sarebbe ora di spegnere tutto. Di mettere un bella X su tutto quello che sono io adesso, prima e dopo. Cosa c'è da dire?
Rimango quella di sempre, rimango quella che vorrebbe andare a teatro ogni sera e rimango quella che insegue i sogni, sempre solo e comunque.
E ho dentro tanta di quella voglia di scrivere che da sola mi freno. E rimango quella che rimpe il banco, gli angoli dei libri. E rimango qui con i piedi fissi a terra, fingendo di guardarmi allo specchio mentre ho paura di alzare gli occhi.
E inizio a scrivere righe che poi cancello, e inizio a pensare.
Io sono solo io. Che forse è qualcosa di ben poco chiaro, ma sono io.
E malgrado tutto non è vero che sono tragica e drammatica.
Sono seria, questo sì. Ma lo sono semrpe stata.
Sono acida, tremendamente. Ma Ale, Ale mi vorresti bene lo stesso se non lo fossi?
Io no, io non mi vorrei bene.
Come se mi volessi bene così, adesso.
Aspetto giovedì, per poter andare a Teatro ancora.
Ho voglia di ri-vedere lo spettacolo in Scala.
Ho bisogno di tornare a teatro.
Ho passato gli ultimi quattro giorni a sfondarmi il cervello, a rincorrere una simulazione di terza prova che non ho idea di come sia andata.
Ma il problema non è questo.
Tutto sta nel fatto che nel mio piccolo le cose le ho fatte, sì, non sapevo nulla sul "Art for art's sake" di Wilde, ma come ogni volta mi sono inventata di sana pianta un po tutto.
E così oggi, che potrei stare tranquilla ad ascoltare il brano dei placebo quanto mi pare, che potrei finire benissimo quelle quattro pagine di "Fate a New York" che mi mancano -e che mi tiro a dietro da giorni e che mi spiace leggere perchè così dovro posare in libreria il libro di NY- beh, mi sento un po vuota.
Sensanzione non nuova per me, figlia della depressione e del dubbio.
La musica passa a Pulp Fiction.
Cerco di capire ormai quello che è stato in tutti questi giorni cercando invano di rincorrere tutta la paura, la buona dose di sfiducia e la rabbia che forse mi porto dentro ancora.
Probabilmente passarò la mia vita così, a cullarmi tra i due poli opposti della depressione che i manuali chiamano "Bipolare" che io non mi sento dentro. E forse sarò sempre la solita che non si accontenta di quello che ha e forse non sarò altro che una normale ragazza della massa, nata nel 1985 e cresciuta in una periferia milanese come tante.
E forse è questo che mi farà piu male. Forse il sapere che avrei così tanto da dire ma che mi tengo dentro. Forse è proprio il non riuscire ad essere quello che sono.
Ma alla fine sono sempre stata così.
Poi c'è mia madre che come sempre si cirocanda di bellissimi fiori profumati, che dimentica mazzi di dalile sul sedile dietro della macchina, che combina casini come sempre. E che passa la notte fuori, svegliandomi alle 6.33 per dirmi "Io tutto ok...mi sto svegliando...arrivo...bacio...mamma" e che non si sa bene cosa combini. Mia madre, sì e poi la si sente chiusa in camera litigare al telefono perchè un ammiratore la pedina e la riprovera di essere stata fuori la notte.
E mio fratello che pensa di essere l'unico al mondo. Che ha fame, che ha sonno, che è incazzato con il mondo. Che canta quando si alza, che dorme sul divano, che guarda Desperate Housewife e lo registra, che si sveglia la mattina incazzato piu di qunto lo era quando si è addormentato.
La traccia tre è Marilin Manson.
E io non ho piu paura di sentire la sua voce.
E poi arriviamo a mio padre, che associato a questo brano è perfetto.
Al nostro incontro, l'unico, settimanale era raggiante e felice, contento di avermi donato una mimosa di cera e di aver scritto il solito bigliettino paterno "Auguri, Papà!"
Papà, cosa vuol dire papà? sapete, inzio a non ricordarmi piu cosa significa.
Inizio a non ricordami piu come era averlo in casa, inizio a non ricordami piu come magiava, come dormiva, come si alzava o cosa faceva.
Non ricordo se usava l'accappatoio o l'asciugamano, non ricordo piu se al mattino beve caffè o aranciata, non ricordo più con quanta frequenza si fa la barba e non riesco neanche piu a ricordalo mentre mi rimprovera per qualcosa.
Ho dimenticato come tiene le chiavi in tasca, cosa fa appena seduto in macchina e non ho piu un immagine di lui in pigiama.
La cosa forse farà sorridere, ma a me fa male. Parecchio.
Ora c'è Wim Mertens nelle orecchie, e io alzo il volume.
E forse sarebbe ora di spegnere tutto. Di mettere un bella X su tutto quello che sono io adesso, prima e dopo. Cosa c'è da dire?
Rimango quella di sempre, rimango quella che vorrebbe andare a teatro ogni sera e rimango quella che insegue i sogni, sempre solo e comunque.
E ho dentro tanta di quella voglia di scrivere che da sola mi freno. E rimango quella che rimpe il banco, gli angoli dei libri. E rimango qui con i piedi fissi a terra, fingendo di guardarmi allo specchio mentre ho paura di alzare gli occhi.
E inizio a scrivere righe che poi cancello, e inizio a pensare.
Io sono solo io. Che forse è qualcosa di ben poco chiaro, ma sono io.
E malgrado tutto non è vero che sono tragica e drammatica.
Sono seria, questo sì. Ma lo sono semrpe stata.
Sono acida, tremendamente. Ma Ale, Ale mi vorresti bene lo stesso se non lo fossi?
Io no, io non mi vorrei bene.
Come se mi volessi bene così, adesso.
Aspetto giovedì, per poter andare a Teatro ancora.
Ho voglia di ri-vedere lo spettacolo in Scala.
Ho bisogno di tornare a teatro.