giovedì, febbraio 23, 2006

 

mi siedo meglio sulla sedia e slaccio il maglione, per stare piu comoda.
per provare a scrivere. per riprovarci. ancora una volta.
per buttare un po' la testa giu da queste spalle. per un attimo. e correre su questa tasiera.
come sempre.

perchè mi è tornato alla mente quel ragazzo. cavolo.
sì, perchè trovarmelo li, alla mostra del Premio Pezza mi ha fatto sorridere con uno stupore che da tempo non provavo.
e sì, io un po' sono una fatalista. lo sono sempre stata.
e già, maledetto Celestino, da quando ho letto quel libro credo e sogno sempre sugli sguardi della gente.
e come in un salto mi sono trovata, ritrovata per l'esattezza, sul quel treno: milano - napoli di quelle vacanze pasquali dell'anno scorso.
e no, sul blog non ho scritto nulla di lui, il post del 7 aprile 2005 parla solo di quella rinascita. perchè tornata da Pomepei, ho ritrovato una voglia di vita che mai avrei immaginato.
ma questa è un'altra storia :)

su quel treno, davanti a me c'era un ragazzo. 25 anni piu o meno. un anello in argento con iscrizioni in latino, e un "fascino" strano.
un po' mi sento ridicola, perchè ricordo quasi tutto di lui, dal suo Ipod, verde forse, dalla bosra rettangolare della mandarina. e quel libro.
cavoli, ecco dove avevo visto quel libro la prima volta.
maledetta stupida maura
sì, conoscerete la nostra velocità.
nell'edizione italiana con il libro che ha come prima pagina la copertina. rigida.
lo leggeva.
mentre io leggevo la mia Anna Karenina.
abbiamo passato tutti i kilometri in silenzio. a guardarci curiosi l'uno del l'altro. ma io faccio sempre così, sono maledettamente curiosa e se non guardo la gente non mi sento apposto. che cosa scema, eh?
come se dovessi fotografare ogni cosa. ogni singola cosa.
così ricordo tutto. tutto.
all stars nere, come le mie.
e una di quelle maglietti alla Pablo Picasso.

non ci siamo rivolti la parola, mai. forse tranne per offrirmi una cicca, che ho declinato. e null'altro. qualche sorriso di complicità quando la mia compagna di viaggio parlava parlava parlava e io facevo finta di ascoltarla.
e lui, probabilemnte approvava questa mia scelta e capiva completamente quanto fosse logorroica la mia amica.

ho scritto sul mio libretto almeno cinuque pagine. proprio mentre lui era lì, davanti a me.

io scendevo a Pompei. lui è sceso a Caserta, anzi, al telefono ha detto che sarebbe arrivato a Caserta ma è sceso ad una fermata prima.
salutandomi.
già, sceso dal treno a bussato al mio vetro e mi ha salutato.
probabilmente sono diventata bordò. conoscendomi.



sabato scorso sono stata al premio pezza , con Umberto.
e davanti alle fotografia di Rafelio Vertaldi "Ogni volta. Ogni volta che torno", che mi hanno davvero strappato dalla realtà, me lo sono trovato lì.
accanto.
e al momento non l'ho riconosciuto. l'ho fissato per un po', mentre sentivo la sua voce parlare con qualcuno. quasi per la prima volta.
e lui mi ha guardata. forse infastidito dal mio sguardo. scema io.
poi ho capito.

"ogni volta. ogni volta che torno".
lì davanti.
e non è cambiato. aveva ancora quell'anello dalle iscrizioni latine.
quegli occhi scuri. e quell'accento, che tanto mi ricorda fabrizio.
era lui. senza nessuno dubbio.
e mi sono girata, ho sorriso ad Umberto e cercato di spiegargli nel migliore dei modi perchè ero senza fiato.


sono andata via regalandogli un'ultimo sguardo.
sicura dentro, che lo avrei rivisto.

"ogni volta. ogni volta che torno"


nella foto: R. Vertaldi
"ogni volta che torno"





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